Friday, December 9, 2016

Flung out of space - capitolo 2



II - SO CLOSE BUT STILL A WORLD AWAY



Vivien arrivò all’appuntamento in leggero ritardo, solo cinque minuti in realtà, perché aveva perso tempo a discutere con Julian i programmi di Victoria per le vacanze natalizie. Julian voleva partire quel fine settimana, mentre lei si era impuntata per avere sua figlia almeno la vigilia di Natale. Julian aveva cercato di convincerla a unirsi a loro in quel viaggio a San Francisco, ma lei non ne aveva voluto sapere. Per quanto sapeva che Victoria ne sarebbe stata felice, non sarebbe stato giusto confonderle le idee così tanto passando il Natale insieme come una famiglia, solo per poi divorziare qualche mese dopo. In più, Vivien non riusciva più a sopportare la madre di Julian e le occhiatacce che la donna le rivolgeva in qualunque momento, e già avrebbe dovuto vederla quella sera alla festa alla quale si era fatta convincere a partecipare. Natale le sembrava davvero troppo, ma era giusto che anche lei avesse la possibilità di festeggiare con la sua bambina. La discussione, comunque, era stata interrotta quando Vivien si era resa conto che avrebbe fatto tardi al suo appuntamento per pranzo e se n’era andata.
Dianna l’aspettava sul marciapiede davanti al ristorante, appoggiata contro il muro. Quando la vide, le rivolse il sorriso più luminoso che Vivien avesse mai visto.
“Mi scusi per averla fatta aspettare,” le disse, mortificata. “Entriamo?”
Il cameriere le condusse al loro tavolo e porse il menù a Dianna. Vivien, invece, non lo prese neanche e ordinò. Il cameriere quindi si voltò verso la ragazza, che aveva appena aperto il menù e non aveva letto neanche una riga, aspettando la sua ordinazione.
“Uhm… per me lo stesso, grazie,” disse la giovane donna, imbarazzata. Lei solitamente ci metteva ore per scegliere cosa mangiare al ristorante, e il fatto che la signora Irwin avesse ordinato così velocemente le aveva messo addosso pressione.
Quando il cameriere le lasciò, la donna seduta di fronte a si mise in bocca una sigaretta e gliene offrì una.
“Allora,” disse poi dopo una lunga boccata di fumo. “Siamo qui sedute a pranzo insieme, e non so neanche il suo nome.”
“Dianna,” rispose la ragazza. “Laydon.”
“Dianna Laydon,” ripeté Vivien come se volesse provare a sentire come suonava detto da lei. “Non Diane? Proprio Dianna? Adorabile!”
Dianna arrossì. “E il suo nome?” le chiese. Era da giorni che moriva dalla voglia di saperlo. Aveva provato a volte a capire che nome potesse starle bene, ma non era riuscita a giungere a una soluzione. Una donna simile doveva per forza avere un nome importante, raffinato quanto lei, affascinante.
“Vivien.”

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