Sunday, June 28, 2020

So it goes - Capitolo 2


2.
I can't pretend it's ok when it's not



Le domeniche sono la cosa peggiore.
Durante la settimana posso convincermi che va tutto bene, che la mia vita non si è sgretolata davanti ai miei occhi, che ho ancora un futuro che sto lavorando per costruire, un piano. Ogni giorno è esattamente uguale a come lo era in passato, con lezioni da preparare, lezioni da insegnare, chiacchierate con questa o quella collega. Inizia a diventare difficile la sera, quando torno a casa, mi preparo qualcosa da mangiare e cerco di non pensare a Lilian, alle nostre interminabili conversazione su Skype in cui ci raccontavamo tutto delle nostre giornate, o semplicemente guardavamo un film insieme come se non ci fossero più di novemila chilometri tra di noi. Ma tengo botta. Fortunatamente la scuola chiude abbastanza tardi la sera, quindi ho solo qualche ora da quando torno a casa a quando mi addormento. Dormire è facile, perché nei miei sogni Lilian è ancora nella mia vita - ne è ancora la parte più importante, in realtà - e per quelle preziose ore tutto va bene.
Ma le domeniche sono insopportabili. Troppe ore, troppo poco lavoro da fare.
È il primo weekend da quando sono tornata, ho lavorato tutto sabato - la scuola è chiusa, ma avevo un sacco lezioni da preparare - ma oggi… è come se il tempo si fosse bloccato. Mi sono svegliata abbastanza presto, perché ieri sono andata a dormire poco prima di mezzanotte, e ho passato la prima parte della mattinata a pulire l’appartamento, con musica a tutto volume dagli auricolari per coprire il rumore dell’aspirapolvere e dei miei pensieri.
Jean tornerà a casa stasera finalmente, ma il suo aereo non atterrerà prima delle otto, il che mi lascia con nove ore di noia e di inutili tentativi di non ripetere nella mia testa ogni singolo secondo dell’ultimo anno, chiedendomi quando e dove ha iniziato ad andare tutto a puttane.

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