Wednesday, July 15, 2020

So it goes - Capitolo 7

7.
Secrets spilled into the dark


Il viaggio in treno verso Madrid è lungo. Ok, in realtà non è poi così lungo, un pochino meno di tre ore, ma dopo mezza giornata di lavoro sembra un’eternità.
Rory non è una cattiva compagna di viaggio, però. Durante il tragitto chiacchieriamo di lavoro e di altri argomenti poco importanti che riguardano la nostra vita, e il tempo scorre piacevolmente, un po’ come la giornata che abbiamo passato insieme ai Jardines de Chapina.
Ancora una volta questa cosa mi stupisce, perché solitamente non sono molto a mio agio con le persone che non fanno parte della mia cerchia stretta di amici. Parlo con tutti, ma succede molto raramente che mi faccia davvero piacere spendere una giornata intera con qualcuno che non sia Jean, Rachel, o beh, Lilian, ai tempi. Ecco perché sono così piacevolmente colpita che nelle tre ore che passiamo sul treno non sento il bisogno di isolarmi dalla mia compagna di viaggio con la musica a palla direttamente nelle orecchie e un buon libro.
L’hotel che la scuola ha scelto per noi non è esattamente in centro, ma è carino e facilmente raggiungibile con la metropolitana. Le stanze sono abbastanza piccole, ma pulite, e sono sorpresa che Violeta ha avuto il tatto di prenotarci due stanze separate. Voglio dire, non mi avrebbe dato fastidio dividerla con Rory, ma è bello che non ci abbiano forzate a dormire nella stessa stanza solo perché siamo due ragazze. Mi piace avere i miei spazi, e non sono mai stata una grande fan del dividere la stanza con altre persone, anche se mi ci sono dovuta abituare, visto che ho passato la maggior parte della mia infanzia e adolescenza in affidamento.
Dopo aver portato i bagagli in camera decidiamo di fare una passeggiata e cercare un posto dove mangiare. Finiamo in un hamburgheria, dopo aver saltato a piè pari un numero di posti considerati italiani che hanno fatto provocato in Rory smorfie di disgusto. L’italiana in lei non riesce a concepire il pensiero di poter cenare lì. Avrei voluto farle notare che io avrei potuto dire lo stesso dell’hamburgheria, visto che sono americana, ma non lo faccio. Prima di tutto, fare hamburger non richiede abilità particolari, quindi dubito fortemente che le persone qui a Madrid possano preparare qualche schifezza colossale. E poi è anche la prima volta da quando conosco Rory che la vedo davvero mangiare di gusto - anzi, è probabilmente una delle pochissime volte che l’ho vista mangiare qualcosa che non sia solamente verde - e per qualche ragione questa cosa mi fa sorridere.
“Posso chiederti una cosa un pochino personale?” mi faccio scappare prima che il mio cervello possa fermarmi. Lo so che non dovrei ficcanasare, lo so che la domanda che ho in mente è davvero troppo intima per il punto a cui siamo nella nostra amicizia, e che fino ad ora ci siamo sempre limitati a conversazioni poco profonde, ma non posso farne a meno. Sono troppo curiosa, e ho bisogno di sapere.

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