Thursday, November 5, 2020

So it goes - Capitolo 39

 

39.
Those heavy days in June

 

 

Mi ricordo che la prima volta che ho sentito Ironic di Alanis Morissette nel lontano 1995 ho pensato che mancasse un verso, e che io avrei potuto scriverlo. Vincere la lotteria e morire il  giorno dopo, aver paura di volare ma prendere l’aereo lo stesso, peccato che poi l’aereo si schianta, un cartello vietato fumare durante  la tua pausa sigaretta… chiamarsi June, amare il mese di giugno, e morire in giugno. Questa è la storia di mia mamma, quella che avrei potuto aggiungere alla canzone.
Oggi è il cinque di giugno, il ventottesimo anniversario della morte di mia madre. Mia mamma si chiamava June, amava il mese di giugno, ed è l’ultimo mese che ha visto. Ironico, non è così?
Ventotto anni è un periodo molto lungo, e ogni anno in questo giorno vado avanti con la mia vita come in ogni altro giorno, solo passo un pochino più di tempo a pensare a mia mamma la mattina, e poi di sera solitamente accendo una candela al gelsomino - il profumo preferito di mia madre - mentre ascolto ‘Wish you  were here’ dei Pink Floyd - la sua canzone preferita - in vinile, e parlo con lei come se fosse davvero qui.
È il mio piccolo rituale sin da quando ero adolescente, il mio momento speciale con mia mamma.
Quest’anno, però, non appena mi sveglio e passo un po’ di tempo a letto a pensare ai piccoli dettagli che mi ricordo di mia madre, un’altro pensiero mi invade la mente, o meglio, un’altra persona: Keith Atkinson. Mi chiedo se sappia che la sua fidanzatina del liceo è morta solo pochi anni dopo il diploma, lasciando una figlia, SUA figlia, tutta sola. Mi chiedo se gli importi, o se gli importerebbe. Ancora una volta vengo sopraffatta da questi quesiti senza risposta: se avesse saputo, o se avesse saputo di me, mi avrebbe presa con lui? Se avesse saputo di me, magari non si sarebbe arruolato, magari noi tre avremmo vissuto insieme come una vera famiglia, magari mia mamma non sarebbe stata in quella macchina, a quell’incrocio, quel giorno di giugno, e sarebbe ancora qui con noi. O magari lo sa da sempre e non gli è mai importato nulla, magari ha sentito che mia madre è morta, lasciandomi sola, e se ne è lavato le mani. Ancora una volta ci sono troppe domande alle quali non posso rispondere da sola, troppe domande che mi continuano ad assillare finché non riceverò una risposta.
È in quel momento che decido. Avevo paura che non sarei stata in grado di affrontare l’enorme cambiamento che sarebbe arrivato nel contattare mio padre, ma ora non ho più paura. I cambiamenti non sono necessariamente negativi: la mia relazione con Rory è cambiata - seppur solo di nome - e quel cambiamento l’ha solo migliorata, quindi perché non dovrebbe essere lo stesso con mio padre? E poi, anche se mi rifiutasse, almeno mi metterei il cuore in pace una volta per tutte.
Quale giorno migliore per decidere di contattarlo dell’anniversario della morte di mia madre? Non è ironico?

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